Nel 2002 Daniel Kanhemann, docente di psicologia, vinse il premio Nobel per l’Economia. Uno psicologo Nobel per l’economia? Perché?
Daniel (Danny) Kanhemann e Amos Tversky sono i padri fondatori dell’economia comportamentale. Applicando la psicologia allo studio delle decisioni economiche si sono resi conto che le persone non sanno a priori quello che vogliono e si orientano sulla base dei segnali che ricevono dall’ambiente circostante, prendendo decisioni in base al modo nel quale sono rappresentate le alternative e trascinando con sé ogni sorta di bagaglio umano nei processi decisionali. Così aprirono un filone di studio mai interrotto: nel 2013 anche Robert Shiller ha ricevuto il Premio Nobel per l’Economia per i suoi lavori nel campo della finanza comportamentale.
Kanhemann e Tversky, israeliani di origine (entrambi i loro nonni erano rabbini nell’Europa dell’Est) dimostrarono come le persone («agenti economici») non sappiano calcolare le probabilità e seguano invece le cosiddette «euristiche», in buona sostanza – mi perdonino gli esperti – seguano un approccio intuitivo-esperienziale che può portare (più spesso di quanto si creda) a distorsioni cognitive.
Nel 1974, in un loro contributo pubblicato su Science dal titolo “Il giudizio in condizioni di incertezza: euristiche e bias”, riassumevano come le tre modalità di decisione da loro definite come euristica della rappresentatività, disponibilità e ancoraggio, talvolta funzionino (fai la scelta corretta) ma che nella maggioranza dei casi portano a errori sistematici e prevedibili.
Come tutte le teorie (non solo economiche) vi sono punti critici ma il loro lavoro ha confermato una vecchia opinione sostenuta da John Maynard Keynes: la ricerca economica deve basarsi su un approccio multidisciplinare che contempli l’apporto di discipline diverse.
Scriveva infatti nel suo libro “The General Theory of Employment, Interest and Money” nel 1936: «The markets are moved by animal spirits, and not by reason» sviluppando un atteggiamento ostile nei confronti del progetto di fondare l’economia su basi matematiche, nutrendo nel contempo un forte interesse per la statistica economica e una diffidenza nei confronti dell’esercizio di formulare previsioni.
Nel 2009 Barack Obama chiamò a lavorare alla Casa Bianca il giurista Cass R. Sunstein, coautore insieme a Richard H. Thaler (altro premio Nobel per l’Economia nel 2017) del libro “Nudge: Improving Decisions about Health, Wealth, and Happiness” e della più famosa edizione aggiornata “Nudge: the final edition” del 2021 (più di due milioni di copie vendute) dove si descrivono alcuni delle “spinte gentili”: più di quattrocento «nudge» messi in atto dai governi di tutto il mondo e da innumerevoli gruppi di scienziati comportamentali in ogni parte dell’economia.
Un modo di orientare sommessamente le nostre decisioni per aiutarci a prendere decisioni migliori per noi stessi, le nostre famiglie e la nostra società.
Quello che gli autori definiscono «paternalismo libertario», un tipo di paternalismo relativamente tenue, indulgente e poco invadente, non coercitivo ma in grado di “pungolare” e spingere le persone verso una direzione di scelta senza però limitare la loro capacità e possibilità di decisione.
L’idea di Thaler e Sunstein parte dal principio secondo cui l’uomo non è razionale e non si comporta mai da “homo oeconomicus” non avendo una conoscenza piena della materia ed essendo condizionato da asimmetrie informative. Per loro gli individui «non sanno esattamente cosa è bene per loro e, quindi, può essere utile che qualcuno li accudisca, come un genitore fa con i propri figli».
Diversi gli esempi di «spinte gentili» citati nel libro, riferite a esperienze dentro e fuori dal governo degli Stati Uniti e non solo negli ultimi dodici anni: il contrasto all’obesità infantile nelle scuole americane combattuto mostrando nelle mense scolastiche in primo piano verdura e frutta al posto dei piatti con maggior contenuto calorico, o cosa è successo all’aeroporto di Amsterdam quando grazie all’inserimento dell’immagine di una mosca all’interno di ogni orinatoio, la quantità di pipì finita sul pavimento diminuì dell’ottanta per cento.
A Copenaghen sono state dipinte sul manto stradale delle impronte finte nella direzione dei cestini della spazzatura con lo scopo di indirizzare i cittadini a gettare i rifiuti all’interno degli appositi contenitori. Questo apparentemente banale stratagemma ha ridotto del quarantasei per cento la quantità di rifiuti abbandonati per strada.
Le scale della metropolitana della stazione di Odenplan, a Stoccolma, in Svezia, sono state trasformate per un giorno nei tasti di un pianoforte che suonavano al passaggio delle persone. Stimolata attraverso il divertimento della melodia del pianoforte la maggior parte dei cittadini (oltre il sessantasei per cento) ha scelto di utilizzare gli scalini invece degli ascensori o delle scale mobili.
Anche in questo campo non mancano le critiche, rivolte in particolare a sottolineare la limitazione dell’autonomia e della libertà dell’individuo e dimostrazioni su diversi casi circa lo scarso o nullo effetto prodotto in termini dimensionali, seppur gli scienziati, in linea generale, sottolineano come i “nudge”, ancor più se combinati con altre iniziative, possano avere ancora un importante futuro.
Tornando all’economia lo scorso ottobre su Forbes Hersh Shefrin, autore di diversi libri sulla finanza comportamentale (sua ultima opera “Behavioral Risk Management”, dicembre 2015), commentando il lavoro degli economisti vincitori del premio Nobel per l’economia 2022 scrive «il problema è che, nonostante i progressi compiuti dagli economisti comportamentali negli ultimi decenni, gli economisti tradizionali mostrano ancora eccessiva razionalità nonostante i comportamenti derivati da pregiudizi cognitivi».
Nel frattempo, Ipsos, una società multinazionale di ricerche di mercato e consulenza, per due anni, ogni mese, ha chiesto a quasi ventimila cittadini di ventinove Paesi del mondo tra i sedici e i settanquattro anni quali fossero le loro paure: dai primi mesi del corrente anno i cittadini temono di gran lunga più l’inflazione del Covid-19, della disoccupazione, dei cambiamenti climatici, dei crimini o della povertà.
Non stupisce quindi quanto il Wall Street Journal riporti lo scorso 5 luglio in un articolo con un titolo autoesplicativo “Why Consumers’ Inflation Psychology Is Stoking Anxiety at the Fed”.
Nick Timiraos, autore dell’articolo, riporta le dichiarazioni del Presidente della Fed, Jeremy Powell che in buona sostanza argomenta come l’aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti (a costo anche di una recessione) combatta più l’aspettativa di maggior inflazione da parte dei cittadini che l’inflazione stessa, giudicando la prima molto peggiore della seconda nel medio-lungo periodo.
Nel maggio 2021 Tim Adams del Guardian intervistò l’ottantasettenne Daniel Kanheman che in risposta a una domanda sul futuro dell’Intelligenza artificiale (IA), inquadrata come la risposta alle distorsioni cognitive, si dimostra preoccupato sulle «enormi conseguenze di quel cambiamento che sta già iniziando ad accadere. E ci sono scenari piuttosto spaventosi quando si parla di leadership. Una volta che sarà possibile dimostrare se sia vero che puoi avere un’IA che è in grado di esprimere un migliore giudizio in ambito economico, diciamo, cosa sarà della leadership umana?»
Ci sarà ancora tanto da studiare da parte degli scienziati sul comportamento umano e sulle logiche sottostanti alle nostre decisioni e come in quest’ambito l’Intelligenza artificiale possa e ancor meglio potrà in un prossimo futuro, calcolare in modo probabilistico i nostri comportamenti.
Ma Danny ci richiama al tema principale: saremo ancora padroni della nostra vita???
Comments